ROMA - Prende corpo il decreto di revisione della spesa pubblica, che sempre più somiglia ad una manovra fatta di tagli anche lineari e proprio per questo scatena l'altolà di Pd, Pdl e sindacati alla vigilia dell'incontro di Mario Monti con le parti sociali sulla spending review. Il Pd non vuole tagliare la spesa sociale mentre sul corposo dimagrimento della spesa pubblica che il governo va delineando in queste ore il leader Cisl Raffaele Bonanni, in sintonia con Cgil e Uil, minaccia: «Se occorrerà uno sciopero generale lo faremo».
Monti. Per tutto il giorno, e ancora in serata, Monti procede nel suo lavoro istruttorio con diversi ministri. Ma il premier, con toni anche ruvidi, ricorda che i sacrifici di oggi sono figli delle leggerezze di ieri e invita i partii a comportarsi di conseguenza: «Se per decenni - dice il premier - si indulge ad assecondare un superficiale "tiriamo a campare" e a iniettare nella mente dei cittadini la sensazione che un Paese con mille risorse, compreso l'estro, possa non affrontare i seri problemi che altre nazioni hanno preso di petto, forse deve venire il momento in cui si affrontano i problemi».
Ma i partiti restano ugualmente in allerta sui tagli che non condividono. «Credo che nessuno auspichi l'aumento dell'Iva - ragiona o Bersani - e quindi dobbiamo trovare altre soluzioni, discutendo della spesa della pubblica amministrazione. Ma senza andare a toccare la sostanza e la risposta sociale. Siamo pronti a dare il nostro contributo da partito di governo che rifiuta ogni demagogia, ma che intende riferirsi sempre alla centralità della questione sociale e del lavoro». Il Pd chiede dunque di non essere mero spettatore. E anche il Pdl non vuole firmare cambiali in bianco sulla spending review. «Il nostro atteggiamento è costruttivo e positivo - apre cauto il capogruppo dei deputati Fabrizio Cicchitto -, ma vogliamo conoscerla prima per poterci riflettere sopra. Vogliamo vedere la qualità e la quantità dell'intervento».
Fli e Udc si schierano invece, come di consueto, con Monti chiedendogli di non farsi condizionare. Dall'Idv arriva intanto la cruda accusa al premier di «far cassa irresponsabilmente sulla pelle dei lavoratori». Martedì 3 luglio c'è il vertice con le parti sociali e poi quello con gli enti locali, che implorano di limitare tagli a sanità e trasporti. Intanto il niet di Bonanni si somma a quello dei leader Cigl Susanna Camusso (che mette in guardia dai tagli lineari e chiede una stretta sulle consulenze), Uil Luigi Angeletti e Ugl Giovanni Centrella. «Se si faranno tagli tanto per farli - dice per tutti Bonanni - si faranno solo più guai. E a quel punto, faremo iniziative in tutta Italia e in tutte le città e ci regoleremo di conseguenza. Faremo quello che serve, fino ad arrivare a uno sciopero generale».
I tagli. Più di 280 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, e sezioni distaccate, potrebbero essere tagliati per effetto della revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Cancellazioni o accorpamenti che riguarderebbero tutte le 220 sezioni distaccate e una forbice compresa tra 32 (l'ipotesi allo stato più probabile) e 36 tribunali e altrettanti uffici requirenti. È quanto prevederebbe la bozza messa a punto dai tecnici del ministero della Giustizia per il decreto di attuazione della delega sulla revisione della geografia giudiziaria e sulla quale si continua a lavorare.
Di Pietro. E intanto dall'opposizione il leader dell'Idv Antonio Di Pietro avverte: non è tagliando sui tribunali e sulla sanità che si risparmia, si riducano invece le spese militari e si colpisca l'evasione fiscale. Il criterio cardine del provvedimento resterebbe quello di mantenere tre tribunali per ognuno dei 26 distretti di Corte d'appello. Mentre per quanto riguarda le procure, diversamente da quello che sembrava l'orientamento iniziale, la scelta sarebbe quella di procedere specularmente e di pari passo all'abolizione dei tribunali: non ci dovrebbero essere insomma "super procure" con competenze estese a più uffici giudicanti; un'ipotesi che aveva provocato malumori anche nella magistratura.
Monti. Per tutto il giorno, e ancora in serata, Monti procede nel suo lavoro istruttorio con diversi ministri. Ma il premier, con toni anche ruvidi, ricorda che i sacrifici di oggi sono figli delle leggerezze di ieri e invita i partii a comportarsi di conseguenza: «Se per decenni - dice il premier - si indulge ad assecondare un superficiale "tiriamo a campare" e a iniettare nella mente dei cittadini la sensazione che un Paese con mille risorse, compreso l'estro, possa non affrontare i seri problemi che altre nazioni hanno preso di petto, forse deve venire il momento in cui si affrontano i problemi».
Ma i partiti restano ugualmente in allerta sui tagli che non condividono. «Credo che nessuno auspichi l'aumento dell'Iva - ragiona o Bersani - e quindi dobbiamo trovare altre soluzioni, discutendo della spesa della pubblica amministrazione. Ma senza andare a toccare la sostanza e la risposta sociale. Siamo pronti a dare il nostro contributo da partito di governo che rifiuta ogni demagogia, ma che intende riferirsi sempre alla centralità della questione sociale e del lavoro». Il Pd chiede dunque di non essere mero spettatore. E anche il Pdl non vuole firmare cambiali in bianco sulla spending review. «Il nostro atteggiamento è costruttivo e positivo - apre cauto il capogruppo dei deputati Fabrizio Cicchitto -, ma vogliamo conoscerla prima per poterci riflettere sopra. Vogliamo vedere la qualità e la quantità dell'intervento».
Fli e Udc si schierano invece, come di consueto, con Monti chiedendogli di non farsi condizionare. Dall'Idv arriva intanto la cruda accusa al premier di «far cassa irresponsabilmente sulla pelle dei lavoratori». Martedì 3 luglio c'è il vertice con le parti sociali e poi quello con gli enti locali, che implorano di limitare tagli a sanità e trasporti. Intanto il niet di Bonanni si somma a quello dei leader Cigl Susanna Camusso (che mette in guardia dai tagli lineari e chiede una stretta sulle consulenze), Uil Luigi Angeletti e Ugl Giovanni Centrella. «Se si faranno tagli tanto per farli - dice per tutti Bonanni - si faranno solo più guai. E a quel punto, faremo iniziative in tutta Italia e in tutte le città e ci regoleremo di conseguenza. Faremo quello che serve, fino ad arrivare a uno sciopero generale».
I tagli. Più di 280 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, e sezioni distaccate, potrebbero essere tagliati per effetto della revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Cancellazioni o accorpamenti che riguarderebbero tutte le 220 sezioni distaccate e una forbice compresa tra 32 (l'ipotesi allo stato più probabile) e 36 tribunali e altrettanti uffici requirenti. È quanto prevederebbe la bozza messa a punto dai tecnici del ministero della Giustizia per il decreto di attuazione della delega sulla revisione della geografia giudiziaria e sulla quale si continua a lavorare.
Di Pietro. E intanto dall'opposizione il leader dell'Idv Antonio Di Pietro avverte: non è tagliando sui tribunali e sulla sanità che si risparmia, si riducano invece le spese militari e si colpisca l'evasione fiscale. Il criterio cardine del provvedimento resterebbe quello di mantenere tre tribunali per ognuno dei 26 distretti di Corte d'appello. Mentre per quanto riguarda le procure, diversamente da quello che sembrava l'orientamento iniziale, la scelta sarebbe quella di procedere specularmente e di pari passo all'abolizione dei tribunali: non ci dovrebbero essere insomma "super procure" con competenze estese a più uffici giudicanti; un'ipotesi che aveva provocato malumori anche nella magistratura.