Sangue e morti sulla fine del Ramadan nel sud-est della Turchia, dove un'autobomba - attribuita subito dalle autorità locali ai separatisti curdi - ha fatto strage ieri sera nella città di Gaziantep: uccidendo 8 persone e ferendone oltre 60, inclusi diversi poliziotti.
L'esplosione è avvenuta di fronte a un commissariato di pubblica sicurezza e non lontano dalla sede del governatorato regionale.
Dopo qualche iniziale informazione contraddittoria, é stato il sindaco, Asim Guzelbey, a diffondere in televisione il pesante bilancio aggiornato, mentre le immagini mostravano crude scene di distruzione, fra veicoli in fiamme, pompieri in azione e viavai di ambulanze. Una fonte ufficiale locale, citata dall'agenzia Reuters, ha intanto puntato il dito contro i guerriglieri curdi. "Riteniamo che ci siano loro dietro questo attacco", ha detto.
Sempre nel sud-est della Turchia (ma nella provincia di Hakkari) due soldati erano stati uccisi in mattinata dalla deflagrazione di una mina piazzata al loro passaggio, nell'ambito di un altro attentato imputato ai ribelli curdi. La regione circostante, l'Anatolia sud-orientale, è in effetti un territorio a maggioranza curda, teatro negli ultimi anni di numerosi attentati imputati al Pkk (il Partito dei lavoratori curdi). Anche se Gaziantep, città-capoluogo con oltre 1,2 milioni di abitanti, era stata nel recente passato sostanzialmente risparmiata dal ciclo di violenze legato alla rivolta indipendentista curda e alla repressione turca (circa 45.000 vittime complessive a partire dal 1984). Gaziantep si trova per altro verso a non molta distanza dal confine con la Siria ed è il centro nel quale il governo turco islamico sunnita di Recep Tayyip Erdogan - schieratosi in questi mesi in favore dell'insurrezione siriana e contro il potere di Bashar al Assad - ha istituito una struttura di accoglienza destinata a ospitare e smistare parte dei quasi 70.000 profughi che finora hanno attraversato il confine dalla Siria. Proprio su questo sfondo non sono mancati nelle ultime settimane scambi al vetriolo, sospetti, polemiche e moniti reciproci fra Ankara e Damasco, accusatesi rispettivamente di sostenere o strizzare l'occhio a gruppi di "terroristi" nel Paese vicino: intendendo per tali i miliziani curdi in Turchia, i ribelli anti-Assad in Siria.