Corsa alla vendita, ora il titolo vale la metà dei 38 dollari chiesti con l'Ipo
21:56 - Per Facebook arriva una nuova bocciatura dal mercato. Alla prima occasione - oggi scadeva il primo dei lock up previsti dopo il collocamento - c'è stata la corsa alla vendita, e il titolo ora vale circa la metà dei 38 dollari chiesti con l'Ipo appena tre mesi fa. Dst Global, Goldman Sachs, Elevation Partners e Accel Partners hanno "liberato" 271,1 milioni di azioni che ora potrebbero finire sul mercato.
Queste andrebbero ad aggiungersi ai 421 milioni già in circolazione, mentre altri 1,3 miliardi di titoli sono attesi sul mercato entro la fine dell'anno. Solo nella prima ora di scambi a Wall Street sono passate di mano 62 milioni di azioni, un volume doppio rispetto alla media degli ultimi 30 giorni, portando il titolo del social network a toccare un nuovo minimo a 19,79 dollari (-6%).
I mercati hanno da subito dubitato della valutazione data al titolo che ha portato a un'Ipo secondo alcuni "gonfiata" sia nel prezzo (la forchetta di prezzo è stata alzata a pochi giorni dalla quotazione dai precedenti 28-35 a 34-38 dollari per azione) sia nei volumi, con un'offerta ampliata del 25% offrendo 3 miliardi più del previsto per complessive 421,2 milioni di azioni, raccogliendo 16 miliardi di dollari per una valutazione della società pari a 104 miliardi. La prima doccia fredda è arrivata al debutto, dove chi si aspettava un gran balzo è rimasto deluso dalle quotazioni rimaste poco sopra il prezzo del collocamento (+0,61% a 38,23 dollari).
Con i conti trimestrali sono arrivati anche i dubbi sulla capacità della società di generare ricavi in futuro, tanto da far parlare di "rischio bolla". La perdita, in linea con le attese degli analisti, è stata pari a 157 milioni di dollari, contro l'utile di 159 dello stesso periodo dello scorso anno. Sono scattate le vendite in Borsa e al titolo è costato uno scivolone del 40% rispetto ai valori della quotazione del 18 maggio.
Ora ci si comincia a chiedere chi abbia vinto e chi perso in questa operazione. Non i piccoli investitori, molti dei quali hanno avviato una class action, forse le banche con le loro commissioni esagerate: Morgan Stanley ha raccolto 68 milioni di dollari, pari al 38,5% sui 176 milioni complessivi, mentre a Jp Morgan è andato il 20% e Goldman Sachs il 15% del totale.
I mercati hanno da subito dubitato della valutazione data al titolo che ha portato a un'Ipo secondo alcuni "gonfiata" sia nel prezzo (la forchetta di prezzo è stata alzata a pochi giorni dalla quotazione dai precedenti 28-35 a 34-38 dollari per azione) sia nei volumi, con un'offerta ampliata del 25% offrendo 3 miliardi più del previsto per complessive 421,2 milioni di azioni, raccogliendo 16 miliardi di dollari per una valutazione della società pari a 104 miliardi. La prima doccia fredda è arrivata al debutto, dove chi si aspettava un gran balzo è rimasto deluso dalle quotazioni rimaste poco sopra il prezzo del collocamento (+0,61% a 38,23 dollari).
Con i conti trimestrali sono arrivati anche i dubbi sulla capacità della società di generare ricavi in futuro, tanto da far parlare di "rischio bolla". La perdita, in linea con le attese degli analisti, è stata pari a 157 milioni di dollari, contro l'utile di 159 dello stesso periodo dello scorso anno. Sono scattate le vendite in Borsa e al titolo è costato uno scivolone del 40% rispetto ai valori della quotazione del 18 maggio.
Ora ci si comincia a chiedere chi abbia vinto e chi perso in questa operazione. Non i piccoli investitori, molti dei quali hanno avviato una class action, forse le banche con le loro commissioni esagerate: Morgan Stanley ha raccolto 68 milioni di dollari, pari al 38,5% sui 176 milioni complessivi, mentre a Jp Morgan è andato il 20% e Goldman Sachs il 15% del totale.