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Trump, giudice federale delle Hawaii blocca il bando ai musulmani

Tornare alla prima versione del bando, e portarla fino alla Corte Suprema per confermarla. È Il capo della Casa Bianca ha definito «politica» la sentenza, e si è detto sicuro che alla fine vincerà, perché «la costituzione dà al presidente il potere di decidere su questi temi per garantire la sicurezza nazionale». La sfida con la magistratura però sta diventando imbarazzante, e rischia di deragliare altre iniziative centrali del suo mandato, come la riforma della sanità e quella fiscale. 

Appena entrato in carica, Trump aveva firmato un ordine esecutivo che bloccava l’immigrazione da sette paesi islamici, Iran, Iraq, Libia, Siria, Sudan, Somalia e Yemen. La corte federale di Seattle, e poi quella d’Appello di San Francisco, avevano però bocciato il decreto, giudicandolo non costituzionale. Invece di fare ricorso alla Corte Suprema, la Casa Bianca aveva deciso di riscrivere il testo, accogliendo gli appunti dei magistrati e togliendo l’Iraq dalla lista. Questa seconda versione è stata bloccata ieri sera da Watson, poche ore prima che entrasse in vigore. Il giudice ha obiettato che il bando ha una chiara matrice religiosa, e quindi contraria alla Costituzione, che vieta le discriminazioni basate sulla fede. Il magistrato delle Hawaii per sostenere la sua posizione ha usato le stesse parole del consigliere di Trump Steve Miller, che in una intervista aveva detto che la seconda versione del bando era una versione annacquata del primo, e conteneva solo dei piccoli mutamenti cosmetici. 

Parlando ieri sera a Nashville, il capo della Casa Bianca ha attaccato Watson, accusandolo di aver emesso una sentenza politica, non basata sul merito delle leggi. «Io – ha detto – pensavo e penso che il primo decreto fosse corretto, e credo che dobbiamo tornare a quello». La Corte d’Appello di San Francisco però si rifiuta di riconsiderare la questione, e quindi il prossimo passo è fare ricorso contro la sentenza delle Hawaii, portandolo fino alla Corte Suprema, oppure recuperare il primo bando per ridiscuterlo davanti al massimo tribunale americano. Tutto questo però richiederà tempo ed energie, distraendo l’amministrazione mentre si trova già a dover contrastare le obiezioni interne al Partito repubblicano contro la nuova riforma sanitaria per sostituire quella di Obama.  
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