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Italia, un pari che non fa sorridere


Italia, un pari che non fa sorridere
Con la Croazia finisce 1-1, risultato che costringe gli azzurri a battere l'Irlanda nell'ultimo impegno e a sperare negli altri risultati. Segna Pirlo, nella ripresa il pari di Mandzukic
dall'inviato MAURIZIO CROSETTI
POZNAN (Polonia)  Adesso si fa grigia davvero. Il secondo 1-1 consecutivo ci condanna non solo a battere l'Irlanda lunedì, e sarebbe il minimo, ma anche a sperare che non ci sia un "biscotto" tra spagnoli e croati ("due feriti meglio di un morto"? Chiedetelo a Buffon), altrimenti andiamo a casa. Ma anche senza sospetti di pasticceria, la situazione degli azzurri diventa complicatissima. Peccato, perché per la seconda volta la squadra di Prandelli non è riuscita a gestire il vantaggio. Siamo stati puniti e l'abbiamo meritato. Di nuovo abbiamo cambiato tutte le punte, col risultato che segna solo un centrocampista, Pirlo: un gol molto bello, ma potrebbe essere inutile.

Partita insidiosissima, con pochi punti di riferimento per gli azzurri e un obbligo assoluto: vincerla. Missione incompiuta. Non era facile accostarsi alla Croazia che cominciava con due punti in più, e che in teoria poteva non affannarsi. Contro una squadra molto fisica, Prandelli ha preferito di nuovo Mario Balotelli, con i suoi chili e la sua veemenza agonistica, e non Di Natale entrato più avanti. Super Mario è stato molto fischiato dai tifosi croati, in netta maggioranza allo stadio, quelli che si sono distinti anche per i "buuu" sempre all'indirizzo di Balotelli e per i fischi all'inno di Mameli: ora il presidente del Coni, Petrucci, chiede sanzioni all'Uefa. Il rischio, infatti, è che dileggiare il nostro inno diventi un'abitudine, lo avevano già fatto gli spagnoli a 
Danzica e ora si è replicato nella landa di Poznan, territorio consegnato quasi totalmente ai biancorossi, più beceri che sportivi. Nella ripresa hanno pure lanciato bengala in campo, con una breve interruzione del gioco.
Il gol di Pirlo al 39', una punizione perfetta (nel senso del calcio di punizione, ma anche di colpo assestato alla Croazia) è arrivato al termine di un primo tempo complesso, nel quale l'Italia ha un po' faticato a trovare i collegamenti, ma ha anche saputo portarsi al tiro con maggiore regolarità ed efficacia. Un paio di conclusioni di Marchisio potevano già spezzare l'equilibrio, così come un sinistro sempre del centrocampi juventino, finito alto di poco. In avanti, Balotelli volenteroso ma intermittente, e alla lunga di nuovo ininfluente, mentre Cassano è sembrato spaesato, anche perché contro gli spagnoli tutti andavano a mezza velocità rispetto a Italia-Croazia, sfida di muscoli. E il milanista non è più che al settanta per cento della condizione, dopo i mesi di convalescenza in seguito all'intervento chirurgico al cuore. Quando si gioca ogni quattro giorni, certi limiti atletici pesano.

La Croazia è materia grezza, la qualità è pochina ma sufficiente a metterci nei guai, ed era poco anche un gol di vantaggio. Così l'Italia è andata incontro a molti minuti di apprensione, non sempre il controllo del gioco è stato mantenuto, e gli azzurri si sono difesi troppo: errore pagato carissimo. L'assetto del centrocampo si modifica con Montolivo al posto di Motta (colpo in testa) al 62', e sette minuti più tardi ecco l'attesa staffetta tra Balotelli, di nuovo più ombre che luci, e Di Natale. Un cambio che precede di pochissimo il gol del pareggio croato, colpa di una difesa distratta e di Chiellini che si fa saltare dal pallone e non anticipa Mandzukic: lo slavo più pericoloso riesce così a farci molto, molto male. Inutile l'ingresso di Giovinco al posto di uno stremato e inconcludente Cassano: quattro attaccanti a rotazione non hanno prodotto nulla, e l'Italia idem: anzi, abbiamo pure chiuso la partita schiacciati in area. Così rischiamo di nuovo di uscire al primo turno come due anni fa in Sudafrica, e come all'Europeo del 2004. A parte qualche buon momento contro la Spagna, non si può certo dire che gli azzurri abbiano mostrato finora molti progressi rispetto al disastroso mondiale.
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