Da un lato ci sono gli Stati che puntano i piedi, chiudono le porte e non si mostrano solidali con i Paesi Ue più esposti sul fronte immigrazione. Ma dall’altro ci sono diversi problemi oggettivi che impediscono al piano di redistribuzione dei rifugiati di decollare. Ieri si è finalmente scoperto che i conti non tornano e che, comunque vada, anche se tutte le capitali facessero il loro dovere, gli obiettivi non potranno mai essere raggiunti. Nella migliore delle ipotesi, a settembre i richiedenti asilo ridistribuiti da Grecia e Italia non saranno superiori a 40 mila, di cui solo poco più di diecimila dall’Italia. E pensare che l’obiettivo iniziale era di 160 mila in due anni.
Il nodo riguarda i «criteri di eleggibilità» dei rifugiati. Perché non tutte le persone che hanno diritto all’asilo e che si trovano in Grecia o Italia possono essere trasferite in altri Paesi. No, il «privilegio» spetta soltanto a una manciata di nazionalità. Quelle che hanno un tasso di riconoscimento delle richieste d’asilo superiore al 75%. Non basta che il singolo migrante abbia tutti i requisiti per ottenere la protezione: se proviene dal Paese «sbagliato», per lui non c’è niente da fare. Nella lista dell’Easo, l’agenzia europea dell’asilo, quelli «giusti» sono solo sette: Siria, Yemen, Eritrea, Burundi, Oman, Qatar e Maldive. Non ci sono per esempio l’Iraq e l’Afghanistan e questo riduce drasticamente la platea degli aventi diritto.
Il commissario agli Affari Interni, Dimitris Avramopoulos, ieri ha confermato che quelli che possono partecipare al piano sono soltanto «ventimila in Grecia e seimila in Italia». Il commissario ha detto che, teoricamente, nei prossimi mesi «la cifra potrebbe aumentare» in base ai flussi, ma a oggi i numeri sono quelli. E difficilmente raddoppieranno.
Finora sono poco più di 14.700 quelli che sono già stati accolti in altri Paesi: 10.324 provenienti dalla Grecia, 4.435 dall’Italia. Aggiunti ai 26 mila potenziali, il piano biennale arriverebbe dunque a un totale di 40 mila. Di cui solo diecimila dall’Italia. Numeri irrisori, se si considera che soltanto dall’inizio del 2017 sono più di ventimila i migranti sbarcati sulle nostre coste.
Cifre molto lontane dagli obiettivi fissati inizialmente dalla Commissione europea. Il piano biennale di redistribuzione dei rifugiati, partito nel settembre del 2015, prevedeva di spostare 160 mila persone. Cifra che un anno dopo è stata ridotta a 98.255 perché nel frattempo è intervenuto l’accordo con la Turchia, quindi dal totale sono stati scalati i posti da destinare ai reinsediamenti dai Paesi extra-Ue. I 98.255 previsti oggi sono così suddivisi: 63.302 dalla Grecia e 34.953 dall’Italia. Ma probabilmente non si arriverà neanche a metà obiettivo.
Colpa degli Stati riluttanti e dei criteri troppo rigidi, dunque. Ma anche l’Italia ha le sue responsabilità. Un recente rapporto del Consiglio d’Europa ha puntato il dito sulla lentezza delle pratiche burocratiche che sbarrano la strada ai richiedenti asilo che vorrebbero lasciare il nostro Paese.